Trento Thunders, parla il running back Davide Boscia

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ph.credits BEPPE FONGARO

Si fa chiamare “Za”, ha appena compiuto 26 anni ma si sente ancora ventenne, proprio come il numero che porta sulla maglia. Davide Boscia è il running back dei Trento Thunders, vive a Caldonazzo e sta per concludere gli studi in ingegneria industriale all’Università di Trento.

Diviso tra lezioni, allenamenti serali e partite nel weekend, Davide coltiva da sempre una grande passione per il football americano, ereditata dal padre, tra i fondatori dei Thunders. Ha iniziato da piccolo, seguendo i passi del genitore, e oggi continua a giocare con entusiasmo e spirito di squadra.

In questa intervista racconta il suo percorso sportivo, l’atmosfera che si vive sul campo e le idee per far conoscere e crescere il football americano anche tra i più giovani in Italia.

Ciao Davide! Cosa ti ha fatto scoprire il football americano e qual è stato il percorso che ti ha portato a vestire la maglia dei Trento Thunders?

“Mio padre ha iniziato a giocare a football da forse prima che io nascessi in Campania, poi quando ci siamo trasferiti non esisteva una squadra a Trento e si è spostato tra varie squadre fuori regione.

Infine ha fondato questa squadra dalla richiesta di un gran gruppetto di giovani volenterosi. Io ho iniziato a giocare qui da bambino, ma in mancanza di una giovanile ho dovuto aspettare molti anni prima di poter giocare veramente.”

C’è un momento, tra partite e allenamenti, che consideri il più memorabile da quando giochi con i Thunders?

“Ogni momento in campo per me è relax, svuoto la mente e penso unicamente a giocare: un insieme di adrenalina e felicità che mi permettono di giocare al meglio che posso.

Ovviamente il ricordo, per ora, più memorabile è la vittoria del campionato 9FL l’anno scorso: con tutta la squadra eravamo una cosa sola, in ballo tra vittoria e sconfitta…

ma non scorderò mai un errore commesso anni prima, un fumble, ovvero la perdita della palla dalle mani, che ha portato a un touchdown per l’altra squadra. Non tanto per rimorso, ma per ricordare di essere sempre concentrati e non fare errori.”

Come valuti oggi il livello del football americano in Italia, sia a livello tecnico che di visibilità?

“Credo che oggi il football americano abbia guadagnato un minimo di visibilità sui social, ma non molta. Poi credo abbia perso molti giocatori e non c’è un ricambio generazionale. Se prima erano presenti 3 campionati composti da 20 e 40 squadre almeno, adesso si fa fatica a raggiungere la quindicina di squadre per campionato.”

Com’è strutturata la vostra settimana tipo e quali sono le sfide fisiche e mentali che affronti per arrivare pronto alla partita?

“Da noi si cerca di fare il possibile, 2 allenamenti al campo dalle 20 alle 22, poi tra doccia e viaggio arrivo a casa alle 23 e devo ancora cenare, un allenamento extra il giovedì per chi pratica anche la versione senza contatto, ovvero il flag football, e weekend la partita.

Allenamenti personali in palestra per mantenere una buona fisicità ed evitare infortuni. Preparazione e fase di studio per ogni partita, si analizzano schemi nuovi e tattiche nuove per giocare al meglio contro la squadra avversaria.

Ovviamente pre partita non si può andare a fare festa come tutti i venerdì o sabati sera qualunque. Tutto ciò va conciliato con lo studio e il lavoro di ognuno di noi, quindi possiamo ritenerci soddisfatti dei risultati ottenuti finora in così poco tempo. Come si fa? Passione alla base di tutto.”

ph.credits BEPPE FONGARO
ph.credits BEPPE FONGARO

Quali sono, secondo te, le caratteristiche imprescindibili per eccellere nel tuo ruolo in campo?

“Il bello del football è che ogni fisicità può trovare il suo ruolo. Anche nello stesso ruolo si può trovare caratteristiche più veloci ed agili o più pesanti e forti, ognuna permette l’esecuzione di schemi differenti, infatti una buona squadra ha degli schemi basati sulla possibile esecuzione da parte dei giocatori che si hanno a disposizione. Nel mio ruolo, come negli altri, è richiesta convinzione e sicurezza.”

C’è un aspetto del tuo gioco su cui ti concentri in particolare?

“Come può pensare chi vede da fuori, in questo sport ci si picchia e basta. Ci può stare, ma non è così: è vero che l’azione è composta da blocchi per far passare il compagno di squadra e termina con un placcaggio, però la cosa importante e bella di questo sport è quanto sia fondamentale giocare di squadra per far funzionare gli schemi.

L’attacco è un organo che suona la propria melodia cercando di non sbagliare note, la difesa è un insieme di goccioline, un fiume burrascoso, che si sposta sopra coordinata per travolgere l’attacco. Io non faccio altro che eseguire correttamente, al 110%, tutto ciò che devo fare per portare avanti la palla.”

Secondo te, cosa servirebbe per far crescere davvero il movimento del football americano in Italia e renderlo più attrattivo per le nuove generazioni?

“Da qualche anno è in corso un progetto con la federazione italiana di football americano, FIDAF, per promuovere la versione senza contatto di football nelle scuole. Così facendo si cerca di far conoscere il football tra i giovani e magari di attrarli ad esso.

Ma è bello anche solo poche partite, non dico tutte, far venire i propri amici e parenti ad assistere e tifare la squadra dagli spalti per avere un momento di compagnia, e magari conoscere questo bellissimo sport. Alla fine ci si diverte sempre in compagnia.”

 

Ufficio Stampa Thunders Trento